lunedì 14 maggio 2012

“Si parva licet componere magnis”

Qualche anno fa un amico, al quale sono molto grata, mi prestò un libriccino. Il diminutivo è adatto sia alle dimensioni che al contenuto: tratta, infatti, del campo semantico del “piccolo”, e del “prezioso” associato al “piccolo”. Questa operetta mi torna in in mente ogni qualvolta si alluda alla scarsa importanza delle minoranze. Il fatto è che a me sono sempre piaciute le minoranze.
Tanti, tanti anni addietro, al tempo in cui militavo in un piccolo schieramento politico, il “Partito di Unità Proletaria per il Comunismo”, sentii un signore affermare che scegliere di far parte di “piccoli” gruppi, dalla parte dei deboli, è un indizio di bontà del cuore. Mi piace ripensare a questo. E mi è gradita la connessione incessante del presente col passato. Niente va perso, se la vita è intensamente nelle nostre mani.
Che incanto mi fanno l' “intenso” e il “piccolo”! “Le piccole cose” sono preziose, e intense di emanazioni sensibili. Il libriccino in questione si intitola “La filosofia delle piccole cose”. L'ha scritto una donna, Francesca Rigotti. Passa in rassegna oggetti minuti e sminuiti. La rosa è il più gentile tra quelli narrati. Il più negletto è la scopa, nonostante la nobile funzione di fare pulizia. Ecco, “piccolo equivale a “pulito" e a "polito”. È la celebrazione di “nitore” e “leggiadria” contro “appariscenza”, “tronfiezza” e “calcolo macroscopico”. "Le piccole cose” diventano, allora, metafore di una permanenza del bene celato, amuleti salvifici che impregnano l'esistenza con le loro qualità sensibili, si tratti della “brocca”, del “ferro da stiro”, o persino dell' “infilascarpe” perduto e rimpianto, a cui Montale dedicò versi deliziosi. Defilarsi dal “prestigioso” e scegliere il “piccolo”, prendendosene cura, porta bene e bellezza.
Tra gli oggetti considerati da Francesca Rigotti c'è anche il sapone. Quel panetto di sapone che non è più di moda, perché è stato soppiantato dai più efficienti erogatori di detergenti liquidi. Del resto ci siamo abituati, oggi, all' “efficienza” e all' “efficacia”, sbandierate per la massimizzazione del profitto, a costo della “spremitura” dell' “umano” ridotto a “capitale”. Il sapone, che scivola cremoso sulla pelle, rilasciando schiuma e profumo durevole, mentre le mani lo girano e lo rigirano, è un piacere della lentezza, qualità interdetta nel tempo degli indici dello spread. Tra le cose invisibili, domestiche amiche che prestano silenziose la loro vita ogni giorno, il sapone è quella che si consuma per noi, fino a diventare una lamella sottile che sostituiamo allorquando non possiamo più rigirarla tra le mani. Ed è bello scartare un sapone nuovo. L'involucro emana il profumo che annuncia la forma sinuosa, intatta e liscia, che si consumerà per mondare le nostre mani sporche.
Nel libriccino di Francesca Rigotti, c'è l'acutissimo accostamento tra il sostantivo “mondo" e l'aggettivo “mondo” = “pulito” (cfr. il latino “mundare” e il dialettale campano “munnare”, “ammunnare”) : “Già sappiamo che ciò che è pulito è anche piccolo, bello, netto e ordinato. Potremmo cercarne conferma nel sostantivo italiano “mondo”; esso designa il globo terrestre ma anche, per estensione, l'universo, perché lo si pensava pulito, ordinato (e forse lo era; adesso un po' meno), e magari anche decorato e truccato come il cosmos greco. Il quale, prima di essere mondo, universo, ordine mondiale, è ornamento e abbellimento.” (Francesca Rigotti, La filosofia delle piccole cose, interlinea edizioni, Novara 2004).

Il sapone e il mondo! Di certo questo binomio, oggi, dà da pensare! Quante mani sporche da lavare! Questo mondo non è per niente “mondo”!

Nelle mattine del maggio odoroso mi piace levarmi quando il sole è sorto da poco e, nella piacevole frescura, spazzare e lavare il terrazzo e la scala. Mentre passo lo strofinaccio sui gradini di travertino, dopo aver irrorato i fiori nei cocci, mi sembra che le pietre e le piante mi siano grate. Il nitore intorno a me sa di bellezza. Gli uomini eletti per governare i popoli, ma anche tutti quelli che hanno responsabilità dirigenziali, dovrebbero ispirarsi al lavoro domestico, e operare con la stessa umiltà amorevole delle donne che si prendono cura della casa e dei cari. A volte mi appare tutto così semplice! Ma, come dice il poeta, “si parva licet componere magnis”, ovvero “se è lecito paragonare le piccole cose alle grandi”. Io... penso proprio di sì.


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