sabato 28 dicembre 2013

Arte e Vita rinnovate a passo di danza

Il film L'Artista, con la raffinata eloquenza scenografica e la straordinaria mimica dei protagonisti scandita da una musica avvolgente, gioca con le ombre e le luci della crisi del 1929. Sulla doppia scena del cinema e della vita, recita e vive, (ma le due arti si confondono nelle sequenze della trama) un grande attore del cinema muto, George Valentin. George è assurto allo stato divino dell'artista in grado di tradurre nel volto e nella gestualità le storie contemplate nella vita. Gli occhi splendenti e il sorriso radioso catturano e seducono gli spettatori.

Ma l'avvento del sonoro incrina la fama di George Valentin che, turbato dal rumore delle parole, si ostina a proporre la rappresentazione della vita con l'eloquenza muta della mimica,  perché è convinto che l'arte dell'attore sia affidata esclusivamente all'intensità delle “smorfie” del volto e alla drammatica flessibilità corporea in grado di assecondare la sensibilità immaginativa.

Poi la Fortuna, mutevole dea che muta le sorti degli uomini e ne intrica le storie, annoda il declino di George all'ascesa trionfante di una giovane donna, Peppy Miller, già ammiratrice estasiata dall'arte di lui. Peppy ama George integralmente. Ne ha colto l'ingenua umana dedizione all'arte come amata compagna della vita.

Ma l'arte riconosciuta dalla fama è soggetta al tradimento. Non è così se essa è compresa dall'amore autentico. Gli amanti sono coloro che colgono l'essenza dell'amato e di quella nutrono il desiderio infinito dell'altro. E George Valentin è amato da tre creature, angeli che lo restituiscono a quel sé autentico che lui non riconosce più. Due di queste creature, il suo cane e il suo maggiordomo, gli restano accanto anche quando, spentesi le luci della ribalta, George rimane povero in canna. 
Ma è Peppy l'angelo salvifico. E non perché, dopo essere diventata famosa e ricca, sottrae alla perdita tutte le cose più care di George, acquistandole all'asta, ma perché gli dona la speranza, confidando in lui. La fede di Peppy persuade Valentin a vivere e a non temere le metamorfosi dell'esistente, attraendolo nella magia della danza, gioco corporeo, arte senza parole, quelle parole che George è convinto di non saper modulare. E così la storia si chiude con un gioioso tip tap. A passo di danza George varca sorridente la soglia del nuovo mondo, al quale può ancora regalare le gioie della sua arte.

L'Artista è un film lieve e appassionato, un film per gli amanti della vita bella. La vita bella non è la bella vita nel senso di dolce vita. È l'arte di dimenticare affinché sia concessa alla memoria la possibilità di fecondare i semi nel grembo dell'oblio, i quali, come quelli nascosti nel grembo della terra, germoglieranno verdi e fioriti all'eterno ritorno di Primavera. 

La struttura metanarrativa dona al film profondità filosofica, moltiplicando le prospettive della finzione, ma la scelta del regista di creare un'opera muta, per denunciare la crisi epocale che investì e rinnovò anche il cinema, è un poetico tributo d'amore al muto. La poesia del film L'artista racconta l'arte rimpianta da George Valentin e ne celebra quel valore ingenuo e grandioso che è proprio dell'arte poetica ai suoi albori, allorquando gli uomini artisti “avvertono con animo perturbato e commosso”, per dirla con le parole più note di Giambattista Vico. E del resto nella parola attore c'è tutto il senso di quest'arte. Infatti, l'attore agisce la vita sulla scena, incarnandola nel patimento del suo corpo, senza il rumore delle parole, ovvero senza il gelido lògos. In questa ri-creazione consiste la poesia del film L'Artista, che sono contenta di aver visto in ritardo, quando il rumore delle critiche, che sempre accompagnano la fama, si è spento, e, nel silenzio, si può riconoscere il segno eterno dell'arte che brilla oltre il passare del tempo, soprattutto di questo nostro tempo troppo rumoroso.

sabato 14 dicembre 2013

È ancora il tempo di “Cuore di tenebra”

L'aula magna del liceo “Enrico Medi” è gremita di studenti invitati ad ascoltare Sara, un'operatrice del Centro Astalli, e Beatrice, rifugiata politica in Italia. Sara illustra alla giovane platea chi sono i “rifugiati politici” e in cosa consiste la “richiesta di asilo”. Il Centro Astalli si occupa infatti di accogliere i rifugiati, di prestare loro il primo soccorso e, successivamente, di accompagnarli nella procedura della richiesta di asilo.

Dopo aver fatto luce nella confusione di parole con cui designiamo gli stranieri che arrivano nel nostro paese, Sara, limpida nel volto e nelle parole, presenta ai ragazzi la giovane rifugiata che è venuta a raccontare la storia del suo esilio.

Sorride appena Beatrice, esule dalla Repubblica Democratica del Congo. Ha chiesto e ottenuto l'asilo politico e ora è una rifugiata in Italia. I begli occhi luminosi e miti sono rivolti ai giovani. La voce, calma e ferma, racconta le vicende sofferte in un bell'italiano, gradevolmente modulato dall'intonazione del francese. Le parole sono in armonia con i gesti pacati di chi si è educato alla compostezza interiore, che si traduce in una forza dolce come l'acconciatura dei capelli trattenuti da mille treccine pazienti. Quando Beatrice termina il racconto della persecuzione, della fuga, dell'arrivo al CentroAstalli, e delle difficili condizioni della sua attuale vita in Italia, uno studente le chiede se tutti i suoi connazionali sono perseguitati come lei. - No, chi non esprime dissenso verso il regime, vive (ma sarebbe meglio dire sopravvive) tranquillamente, sebbene in miseria - .

- Mostruosamente in miseria -, penso, considerato il fatto che la Repubblica Democratica del Congo è un paese ricchissimo di materie preziose. Infatti, oltre ai diamanti e all'oro il Congo possiede riserve di coltan, un minerale ricercatissimo dalle industrie mondiali di prodotti elettronici. Perciò, a chi si è chiesto o si chieda perché il regime totalitario della Repubblica Democratica (l'ossimoro dà i brividi) del Congo possa mantenersi stabile nonostante la povertà della moltitudine appare chiaro che, ancora una volta, la sofferenza dei popoli è causata dagli interessi di pochi, un'oligarchia plutocratica dal volto sfuggente, quasi un' ombra diabolica come quel Kurtz, cereo predatore dell'avorio, protagonista inquietante di “Cuore di tenebra” di J. Conrad.

In verità, ignoravo l'esistenza del coltan prima dell'incontro con Beatrice. Non so se siano pochi o molti quelli che, come me fino a qualche giorno fa, non sanno che gli strumenti elettronici con i quali conviviamo, computer e cellulari, contengono quest'elemento pregiato che si trova in abbondanza in un paese il cui popolo vive in povertà. E inoltre, mi chiedo quanti, tra coloro che sono al corrente dell'importanza del coltan nell'economia attuale, si diano pena per la sorte di chi, come Beatrice, è perseguitato da un governo repressivo senz'altro sostenuto dai poteri occulti delle multinazionali dell'elettronica..

Perciò, in ascolto davanti a Beatrice, non mi sono commossa, ma ho sentito che percorriamo lo stesso difficile cammino su questo pianeta interconnesso. Ho pensato che i popoli europei più deboli sono oppressi dagli stessi poteri occulti e che, ormai, anche in Italia, chi si fa portavoce di un pensiero divergente rispetto alla cultura dominante vive in una sorta di esilio.


Fortunatamente non viviamo, almeno per ora, la persecuzione politica né siamo costretti a fuggire. Tuttavia, coloro che sono soliti testimoniare concretamente il dissenso, forse, sperimentano l'isolamento, e, se non sono dotati di forza d'animo e di fiducia, rischiano di essere sopraffatti da un mobbing strisciante. E mentre si agitano movimenti di “arrabbiati” pericolosamente strumentalizzati dai violenti e dai fautori dei poteri forti, più lacerante diventa la divisione tra i cittadini e le Istituzioni, più confusa e fuorviante l'informazione dei media. Ma, in questo rumore, più di tutto è temibile la perdita della memoria della concatenazione delle vicende, recenti e remote, che hanno determinato e determinano l'attuale sofferenza dei popoli - ahimè! - su tutto il pianeta.