sabato 16 maggio 2015

Risposta alla lettera inviata agli insegnanti dal Presidente Matteo Renzi

Caro Presidente Matteo Renzi,
innanzitutto La ringrazio per La Sua volontà di comunicazione e per la tenacia che mette nel Suo “fare”. In questa Italia bloccata da coloro che desiderano mantenere i privilegi a tutti i costi c'è bisogno di azione politica, pur incorrendo in errori.
-“Solo chi non fa non sbaglia”, professoressa!”- mi diceva un Preside, ora in pensione, che ho avuto la fortuna di incontrare nel corso della mia carriera, quando andavo a raccontargli di quello che sperimentavo per insegnare la lingua e la letteratura latina. Gli errori in effetti sono propri degli uomini erranti sulla terra, alla ricerca di un barlume di verità. E per questo non si può e non si deve mai smettere di cercare il confronto, di guardarsi con gli occhi dell'altro, senza paura e senza mortificazioni, perché l'errore è nel cammino stesso della conoscenza, come ci dicono i Grandi della nostra tradizione letteraria, primo fra tutti il Sommo Dante. La ricchezza della nostra ricerca consiste nel viaggio più che in “Itaca”, ci ha suggerito più recentemente Konstantinos Kavàfis.

Perciò, Presidente, io non ho paura della valutazione. Né della riduzione dei giorni di vacanza e, in fondo, non mi interessa la meritocrazia per un aumento di stipendio. il sacrificio come amore per la vita è segnato nel mio cammino. Del resto, ahimè, alla mia età non c'è da temere nient'altro che gli acciacchi della vecchiaia. Eppure, nonostante gli anni, amo questo mio lavoro sempre di più, perché amo i giovani che mi vengono ogni anno affidati e che mi permettono di continuare a scoprire le meraviglie della creatura umana e di capire un po' meglio me stessa attraverso il dialogo con loro, un dialogo mediato dalle materie che insegno e che ugualmente amo, perché anch'esse sono testi umani, fonte di scoperta e di conoscenza dell'universo interiore e di quello finito e infinito che ci circonda.

A questo punto interviene la difficoltà di raccontarle, succintamente, quanto danno hanno arrecato alla scuola le ultime cosiddette Riforme, innanzitutto quella di Luigi Berlinguer, sostenuta da quei Sindacati che oggi, non capisco perché, ostacolano la Sua, che, stando alla presenza dello stesso Berlinguer all'evento di presentazione della Buonascuola e alle dichiarazioni più volte espresse dagli esponenti del Miur, è la naturale prosecuzione di quella riforma.
Di quella Riforma, come della Sua, disapprovo l'introduzione e la conferma dell'Autonomia. Delle altre, soprattutto di quella del Ministro Gelmini, preferisco non parlare, potrei scivolare nel turpiloquio.

Dacché esistono l'Autonomia scolastica e il P.O.F. nella scuola è intervenuto il disastro. L'organizzazione delle attività è stata tutta spostata sul profitto, ovvero su come gestire il cosiddetto budget d'istituto, invertendo il processo naturale della programmazione educativo-didattica. Non solo. Di anno in anno, una molteplicità di interessi di vario genere ha inficiato l'attività didattica. Una marea di progetti ha distolto gli studenti dallo studio delle materie, e quindi da una buona formazione delle competenze logico-linguistiche, proprio quelle stesse competenze che si pretende di verificare con i test INVALSI. Se lei prendesse visione del diario di quest'anno scolastico, ormai prossimo alla fine, si renderebbe conto di quante ore di lezione mi sono state rubate da svariate attività extracurricolari.
Ora io le voglio chiedere:
  1. Un progetto che voglia indurre a riflettere sulla legalità è insito, tanto per fare qualche esempio, nella lettura dell'opera di Cesare Beccaria o di suo nipote Alessandro Manzoni?
  2. L'ecologia e, per esempio, la questione della “terra dei fuochi”, sulla quale tanto si ciancia anche per andare in “vetrina”, non è presente anche in alcune odi di Parini e nei contenuti del programma di scienze?
  3. Le tragiche vicende dei naufraghi, dei richiedenti asilo, dei vinti non sono vive e strazianti nei grandi testi della letteratura mondiale, da Omero fino a Khaled Hosseini?
  4. Il dibattito sulla conoscenza continua, sull'unità del sapere, sulla civiltà e il progresso non è scritto a lettere di fuoco nel De rerum natura di Lucrezio?
  5. E i drammi del cuore umano non sono rappresentati nell'immortale Teatro Greco e cantati nella lirica classica?
  6. E l'esempio di un' eloquenza bella e schietta (O tosco che per la città del foco vivo t'en vai così parlando onesto...) non è diffuso nella grande oratoria classica, nella poesia, e nella saggistica della letteratura?
  7. E la questione della verità in fuga e baluginante nel panorama interculturale del mondo globalizzato non la si coglie studiando le scoperte della fisica moderna?
Potrei continuare per pagine e pagine per dimostrarle che nello studio delle materie c'è la possibilità di fare esperienza della vita e del mondo.

Tutta questa ricchezza l'Autonomia l'ha dissipata. Ancora, per fare un esempio concreto, per andare a vedere il film di Martone gli alunni della quinta classe hanno perso un'intera mattinata di lezione, nonostante ci fosse la possibilità di assistere allo spettacolo, di pomeriggio, in tutti i cinema del circondario. Ma la figura strumentale addetta al P.O.F. così aveva decretato. Malignamente penso a chi ci ha guadagnato. Si trattano dei diciottenni come degli incapaci di scelte culturali e poi si proclama la centralità dello studente! E, in sordina, si ritengono gli insegnanti ignoranti e inadeguati, fermi al “pessimismo” del poeta di Recanati e insensibili al quel pensiero lucido e progressivo raccontato nelle Operette Morali e dolorosamente dipinto nelle ultime poesie, Il tramonto della luna e La ginestra. “Ahimè, gli uomini hanno amato le tenebre piuttosto che la luce!” E il rafforzamento dei poteri del Preside e delle figure del suo staff renderà ancor più tenebrosa l'Autonomia.

Non prenda, Presidente, queste mie parole come il lamento di una prof frustrata. Le legga piuttosto come l'elegia civile di una donna che spera che il meglio deve ( e può) ancora venire.
Per questo, La prego di rivedere il punto dell'Autonomia. È quello che mi preoccupa di più. Di fatto il progetto formativo è diluito e disperso in rivoli aridi, che si seccano e non arriveranno al mare, a quell'orizzonte che schiude le possibilità infinite del pensiero.

Inoltre, se vogliamo menzionare anche la questione della valutazione, credo che essa debba puntare sulla esperienza cognitiva e metacognitiva dei docenti, a partire dalla competenza disciplinare e dalla capacità di darle un senso nella relazione educativa. È difficile, lo so. Ma in qualche modo lungo il cammino accadrà la luce. In questo senso credo che vadano formulate le regole per i concorsi che in futuro regaleranno fresche forze alla scuola. C'è molta strada da fare, ma non abbia troppa fretta, Presidente! Soprattutto La esorto a non sottomettere la scuola alla crisi occupazionale, se Lei autenticamente ritiene che una buona scuola inventerà l'Italia buona e bella che c'è ma è celata, sopraffatta dal chiasso dei “gufi” ;).

Approvo, naturalmente, l'incentivazione da spendere in beni culturali e sostengo fortemente l'iniziativa per l'autoformazione permanente. Al riguardo posso dirle che negli anni passati, grazie alla freschezza culturale e all'intelligenza di un collega, abbiamo inventato un'attività di questo tipo, non remunerata da nient'altro che dalla nostra soddisfazione. Eravamo una decina di insegnanti sì e no. Avevamo dato ai nostri incontri il titolo di “caffè pedagogico”. E si partecipava solo per il piacere di studiare e discutere. Niente vetrina, niente soldi. Ora non si fa più. La maggior parte dei partecipanti è andata in pensione. I giovani non hanno tempo. Sono proni alle scelte del P.O.F.
Che ne pensa, Presidente? Spero di ricevere una sua considerazione, anche se volesse rottamarmi ;). 

In attesa, La saluto cordialmente,
Giuseppina Imperato








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